Il film mi è piaciuto molto, anzi moltissimo, considerato che è di Chabrol, uno che non mi piace perché prende in giro gli spettatori con i suoi presunti atteggiamenti antiborghesi che vorrebbero graffiare.
Mi è piaciuto fino ad un certo punto, vale a dire fino al 90esimo minuto, il tempo che dovrebbe durare un film di Chabrol o una partita di calcio; supplementari e rigori non mi piacciono.
Gabrielle, una ragazza non bella ma intrigante, tanto angelo quanto diavolo, ne sia consapevole o no non si sa, è il vertice di un triangolo quanto mai scaleno, con uno scrittore di riconosciuto valore e fama e con un bamboccione ricco di buona famiglia, tarato e complessato quanto basta.
Completano il quadro figure rassicuranti quali la moglie dello scrittore, la sua editrice e probabile amante, la mamma della ragazza, la mamma del ragazzo; un contorno che rassicura lo spettatore dal bilico di una vicenda tra amore e perversione, razionalità e follia, ma sempre entro i limiti dell’autocontrollo, almeno in apparenza.
Poi i protagonisti perdono equilibrio ed autocontrollo e fanno una grossa tombola e fin qui tutto bene, il film potrebbe finire in gloria se Chabrol non perdesse pure lui equilibrio e autocontrollo e non volesse spiegare il film, farne apologo, con inutili tempi supplementari in cui veniamo a conoscenza dei traumi dell’infanzia che condizionano il bamboccione, (uffa!), e impariamo che alla fine i ricchi se ne tirano sempre fuori, (maddai!).
[Modificato da verdoux47 29/06/2008 09:39]