Il breve romanzo racconta attraverso gli occhi del protagonista la crisi di Cuba degli anni 90. La bellezza di questo libro è la capacità di raccontare mediante il contenuto e il linguaggio i cambiamenti vissuti in prima persona dalla gente di Cuba, in un trapasso doloroso e disarmante. In realtà mediante la scrittura l'autore ci regala una fotografia polisensoriale dell'isola e della sua situazione: quello che al lettore arrivano non sono solo storie, ma anche suoni, odori, colori, musiche, in una narrativa quasi carnale che è tuttuno con la forma della parola. Parola spesso cruda, e per questo molto efficace. Trovo infatti molto intelligente e pertinente il fatto di aver lasciato alcuni termini in originale ( soprattutto alcuni modi di dire, comunque spiegati infondo al libro). Il libro è scorrevole, amaro, ironico e trasuda di vero, in un dilaniante contrasto tra una crisi acuta della città e la sua effervescenza. Anche il sesso spesso raccontato in maniera grezza, verso la fine del romanzo viene contestualizzato e quindi anche il lettore lo può comprendere come unica divagazione in un paese malato. C'è solo una controindicazione: al termine delle circa 140 pagine viene voglia di volare, verso Cuba
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