00 07/04/2008 11:52
Le gocce. Ho dimenticato di prendere le gocce. Luciana affonda la mano sinistra nella borsa e ne estrae alcune caramelle, un fazzoletto spiegazzato, un pettine. Dove ho messo la boccetta, dove l’ho messa. Alle dita le si attorciglia la corona del rosario. La osserva con attenzione. Prego perché il derby dobbiamo vincerlo, non c’è santo. Luciana è un’accanita tifosa juventina, trascorre le domeniche davanti al televisore senza perdersi una trasmissione sportiva. Il calcio è la sua unica occupazione. D’altro canto in un’Opera Pia non c’è molto da fare, a parte ammalarsi o peggio morire. L’anno di B l’ha vissuto come una silenziosa via crucis, appena qualche lamentazione espressa con lo sguardo rivolto all’insù. Ora ha recuperato la vis polemica dei tempi belli in cui era il campo a dire l’ultima parola. Dopo svariati tentativi le gocce saltano finalmente fuori, insieme a qualche elastico e la custodia degli occhiali. È incredibile quanto sia disordinata quella donna. Nessuno mi viene mai a trovare, nessuno. E io chi sono, vorrei ribattere. Ma porto pazienza, come sempre. Eh già, ti capisco. L’odore di chiuso ristagna nella stanza impregnandola di una sensazione di vita che si è fermata. Rabbrividisco. Oltre questi muri spessi e umidi non c’è domani. C’è la fine di ogni cosa, e dopo la fine il nulla.

(In memoria)