loulou_jq, 15/02/2010 11.16:
Nella prima visione del film, vuoi per il titolo fuorviante vuoi per la mia scarsa sensibilità per i drammi esistenziali, interpretai il film come un’opera sul potere della stampa, non a caso mi ricordavo soprattutto la parte centrale del film.
Oggi a distanza di anni posso dire che – come spesso mi succede con i film – la prima impressione era quella giusta. Solo che il mio punto di vista era completamente sbagliato. Qui non si tratta di sociologia dei media. Semplicemente Kane esiste attraverso il suo giornale (il che lo rende abbastanza affine al fenomeno berlusconi).
La vita di kane finisce in un giorno pieno di neve nel colorado, dopo aver tirato per rabbia il suo slittino contro il Thatcher. A partire dal trauma lo attende è una vita sostitutiva, dalla quale è bandita ogni autenticità e nella quale la realtà è arbitrariamente distorta.
L’unica modalità di esistere per Kane è attraverso la stampa. La presa dell’Inquirer è il battesimo di kane, la sua rinascita, d’ora in avanti il giornale ufficializzerà la sua esistenza e sancirà i passaggi cruciali della sua vita.
Ritrova il suo valore e la sua dignità come uomo nella dichiarazione dei principi, il prezioso cimelio che il suo amico conserva e poi gli restituisce. La fedeltà che egli tenta di conservare verso i propri principi è un tentativo di essere fedele al proprio delirio megalomane, per il quale un momento di grandezza coincide con l’intera esistenza.
Il suo primo matrimonio esiste solo dopo che un trafiletto nella cronaca mondana ne decreta la pubblica esistenza.
Analogamente nel caso di Susan, egli ne diventa l’amante e poi il marito solo dopo che la stampa ha reso pubblico lo scandalo.
La vita di Kane non è solo scandita dagli articoli sul giornale, ma acquista senso, per lui, solo grazie a tali articoli.
Stampare le cose sul giornale è un modo per renderle reali. In ultima analisi un modo per sentirsi vivi.
“Non bisogna dire solo ciò che ha fatto, ma anche chi era”, teorizza il direttore del radiogiornale.
Nella vita di tutti i giorni quando si incontra qualcuno, quando si conosce qualcuno, la prima domanda che si pone in genere è: “cosa fai?”, mai si chiede: “chi sei?”. Riuscite a immaginare l’imbarazzo se, la mattina incontrando qualcuno al bar, vi chiedesse: “chi sei stamattina?”, lasciando supporre di essere interessato a voi come persona, come essere vivente che ogni giorno muta, cambia pelle, ama, prova dolore…
C’è un bellissimo equivoco, quando kane sale nella camera di Susan e si rende conto che lei non lo conosce e divertito le dice: “quindi lei non sa chi sono io”. In realtà vuole intendere che la ragazza non sa “cosa fa” lui, che razza di uomo potente sia. Ma il suo è un lapsus, forse, per una volta, il suo inconscio vorrebbe qualcosa di vero.
Siamo ciò che gli altri ci rinviano, esistiamo nello sguardo degli altri, non esistiamo mai davvero se non ci ritroviamo negli occhi di un altro. Un’esperienza che kane non può fare perché ha perduto se stesso. “Perde tutto”, dice qualcuno a un certo punto.
L’importanza del film per la storia del cinema è alla fine relativa, vero che la sua influenza è pesante sul cinema americano e occidentale, ma lo è sans doute meno per altre cinematografie.
Le scene incriminate dal lucernaio sono funzionali per la riuscita estetica, ma il film esisterebbe lo stesso anche senza, perché l’impianto generale è troppo forte per essere scardinato dalla eventuale manomissione di alcune scene. Il modo in cui si riprendono le cose è il modo di dire le cose, per il cinema. Tuttavia se l’ossatura di un film è robusta, resiste agli attacchi. Sappiamo bene che molti film sono stati costretti a fare i conti con tagli e mutilazioni che però non hanno potuto distruggere il valore generale dell’opera. Pensiamo al povero solaris nella versione (e traduzione) degli anni ’70….
Quello che fa di citizen kane un gran bel film è la sua forza poetica, che poi la tecnica serva a raggiungere il risultato per il cinema è sempre stata la scommessa (che solo pochi registi hanno vinto). Altri registi hanno mostrato come si costruisce un personaggio, alcuni hanno dimostrato che si può dare una psicologia a un personaggio e qualcuno ha voluto persino dargli un’anima. Welles ha dimostrato come tenere incollato il pubblico davanti allo schermo ponendogli un semplice rebus: chi era, cos’era rosebud?
Solo una parola stampata che milioni di altre parole stampate non possono ridarci indietro.
PS. Il maggiordomo, beh non è poi così interessante! A parte il fatto di essere l’unico ad aver visto ciò che nessuno ha visto: la palla di vetro che fa la neve – ditemi chi non ne ha avuta una nella propria infanzia -. Il mondo di ognuno è racchiuso in una palla di vetro, la fragilità che ognuno si porta dentro. La casa coperta di neve dentro la palla, la dacia sull’isolotto nell’oceano di solaris, il posto delle fragole e dei mirtilli da cui veniamo separati con una bugia “non sarai mai da solo” e con l’illusione delle città bellissime che ci attendono...
prima visione del film, vuoi per il titolo fuorviante vuoi per la mia scarsa sensibilità per i drammi esistenziali, interpretai il film come un’opera sul potere della stampa, non a caso mi ricordavo soprattutto la parte centrale del film.
Oggi a distanza di anni posso dire che – come spesso mi succede con i film – la prima impressione era quella giusta. Solo che il mio punto di vista era completamente sbagliato. Qui non si tratta di sociologia dei media. Semplicemente Kane esiste attraverso il suo giornale (il che lo rende abbastanza affine al fenomeno berlusconi).
Non sono d’accordo , Kane esiste prima del suo giornale , infatti il film non comincia con l’ingresso del medesimo come proprietario .
Affine ?
Mah…non credo che Berlusconi abbia avuto una slitta ( a parte quelle sulla quale si esibiva in un agghiacciante spot come Babbo Natale ) , tanto meno una palla di vetro con la neve ( come souvenir mi pare vada più sulle riproduzioni dei duomi .
Paragone terrificante .
Nel senso che ci può stare ...ma è terrificante lo stesso ...
La vita di kane finisce in un giorno pieno di neve nel colorado, dopo aver tirato per rabbia il suo slittino contro il Thatcher. A partire dal trauma lo attende è una vita sostitutiva, dalla quale è bandita ogni autenticità e nella quale la realtà è arbitrariamente distorta.
Noto una certa propensione alla psicanalisi applicata al mezzo filmico ( non dico di no , devo anche avere un libro o due sul tema ) .
Ma a me la psicanalisi fa venire l’orticaria .
Quindi l’idea di analizzare il film partendo dal trauma infantile qualche bollicina epidermica me la ha provocata .
L’unica modalità di esistere per Kane è attraverso la stampa. La presa dell’Inquirer è il battesimo di kane, la sua rinascita, d’ora in avanti il giornale ufficializzerà la sua esistenza e sancirà i passaggi cruciali della sua vita.
Ritrova il suo valore e la sua dignità come uomo nella dichiarazione dei principi, il prezioso cimelio che il suo amico conserva e poi gli restituisce. La fedeltà che egli tenta di conservare verso i propri principi è un tentativo di essere fedele al proprio delirio megalomane, per il quale un momento di grandezza coincide con l’intera esistenza.
Il suo primo matrimonio esiste solo dopo che un trafiletto nella cronaca mondana ne decreta la pubblica esistenza.
Analogamente nel caso di Susan, egli ne diventa l’amante e poi il marito solo dopo che la stampa ha reso pubblico lo scandalo.
La vita di Kane non è solo scandita dagli articoli sul giornale, ma acquista senso, per lui, solo grazie a tali articoli.
Stampare le cose sul giornale è un modo per renderle reali. In ultima analisi un modo per sentirsi vivi.
Interessante punto di vista ma un tantino chiuso ( credo a causa di quella tendenza che citavo sopra ) .
Innegabile l’importanza che Kane attribuisce all’immagine ( ed alla possibilità di manipolarla ) ma è un mezzo ( all'utilizzo distorto del quale arriva per gradi ) .
Uno dei tanti complessi riflessi del personaggio , non quello esclusivo e centrale .
“Non bisogna dire solo ciò che ha fatto, ma anche chi era”, teorizza il direttore del radiogiornale.
Nella vita di tutti i giorni quando si incontra qualcuno, quando si conosce qualcuno, la prima domanda che si pone in genere è: “cosa fai?”, mai si chiede: “chi sei?”. Riuscite a immaginare l’imbarazzo se, la mattina incontrando qualcuno al bar, vi chiedesse: “chi sei stamattina?”, lasciando supporre di essere interessato a voi come persona, come essere vivente che ogni giorno muta, cambia pelle, ama, prova dolore…
C’è un bellissimo equivoco, quando kane sale nella camera di Susan e si rende conto che lei non lo conosce e divertito le dice: “quindi lei non sa chi sono io”. In realtà vuole intendere che la ragazza non sa “cosa fa” lui, che razza di uomo potente sia. Ma il suo è un lapsus, forse, per una volta, il suo inconscio vorrebbe qualcosa di vero.
Ancora interessante .
E ancora una conferma che il tuo punto di vista si discosta un pochino dalla tua enunciazione iniziale ("Semplicemente Kane esiste attraverso il suo giornale" ) .
Pare che possa esistere anche senza e pare che sia questa la vera ricerca che il regista ci suggerisce per tutto il film .
“Non bisogna dire solo ciò che ha fatto, ma anche chi era”.
“quindi lei non sa chi sono io”
( sicura che sia un lapsus ? Sicura che proprio spogliandosi di quella rappresentazione di se non voglia essere conosciuto per quello che lui sa , o crede , di essere ?....Rosebud…Rosebud…
)
Siamo ciò che gli altri ci rinviano, esistiamo nello sguardo degli altri, non esistiamo mai davvero se non ci ritroviamo negli occhi di un altro. Un’esperienza che kane non può fare perché ha perduto se stesso. “Perde tutto”, dice qualcuno a un certo punto.
E’ , per mè, l’esatto ribaltamento del senso del film .
Non siamo quello che gli altri ci rinviano e non esistiamo attraverso gli occhi di un altro .
Ma quello che siamo davvero nessun altro occhio lo può vedere .
NO TRESPASSING ( eppure sti cartelli sono in primo piano all’inizio e alla fine del film …possibile che non si riesca a farne comprendere l’evidente messaggio ? )
Non mi dirai che come per il lucernaio pure togliendo quelle inquadrature il film resterebbe lo stesso…..
L’importanza del film per la storia del cinema è alla fine relativa, vero che la sua influenza è pesante sul cinema americano e occidentale, ma lo è sans doute meno per altre cinematografie.
Non credo sia relativa , non più e non meno di quella di qualunque altro punto di svolta della ricerca espressiva ( e quel fim per il cinema lo è ) .
Il cinema orientale ( a parte quello russo ma non lo metterei in questo ambito )lo conosco poco specialmente prima degli anni 40 .
Dopo gli anni 40 credo che una certa influenza su di esso il cinema occidentale la abbia esercitata .
Le scene incriminate dal lucernaio sono funzionali per la riuscita estetica, ma il film esisterebbe lo stesso anche senza, perché l’impianto generale è troppo forte per essere scardinato dalla eventuale manomissione di alcune scene. Il modo in cui si riprendono le cose è il modo di dire le cose, per il cinema. Tuttavia se l’ossatura di un film è robusta, resiste agli attacchi. Sappiamo bene che molti film sono stati costretti a fare i conti con tagli e mutilazioni che però non hanno potuto distruggere il valore generale dell’opera. Pensiamo al povero solaris nella versione (e traduzione) degli anni ’70….
Lo ho già detto , certo che esiterebbe ma sarebbe un altro film .
Anche perché non era “la scena “ ad esser incriminata ( ma non credo che il termine sia corretto ) ma la funzionalità di certe tecniche di ripresa che sono tali non solo in quella scena ma per tutto il film .
Inoltre e mi ripeto pure qui , c’è una funzionalità narrativa precisa in quella ripresa .
Quando dico precisa intendo che durante la stessa ci viene ribadita un’informazione .
Ti aiuto : le informazioni vengono date spesso attraverso la scrittura ….
Quello che fa di citizen kane un gran bel film è la sua forza poetica, che poi la tecnica serva a raggiungere il risultato per il cinema è sempre stata la scommessa (che solo pochi registi hanno vinto).
In questo caso vinta .
Altri registi hanno mostrato come si costruisce un personaggio, alcuni hanno dimostrato che si può dare una psicologia a un personaggio e qualcuno ha voluto persino dargli un’anima. Welles ha dimostrato come tenere incollato il pubblico davanti allo schermo ponendogli un semplice rebus: chi era, cos’era rosebud?
Ma nemmeno per idea .
Non credo proprio ( e mi pare di averlo detto ) che il senso del film sia quello di farci conoscere una slitta .
Solo una parola stampata che milioni di altre parole stampate non possono ridarci indietro.
No .
Non era solo una parola , come non era solo una slitta .
Ma come dicono i cartelli …anche arrivare sin lì sarebbe piuttosto difficile senza l’aiuto del regista .
La grandezza del film è esserci arrivati vicino e comunicarci che questo è il massimo concesso e possibile e solo nella finzione .
La poesia che hai notato sta proprio lì .
PS. Il maggiordomo, beh non è poi così interessante! A parte il fatto di essere l’unico ad aver visto ciò che nessuno ha visto: la palla di vetro che fa la neve – ditemi chi non ne ha avuta una nella propria infanzia -. Il mondo di ognuno è racchiuso in una palla di vetro, la fragilità che ognuno si porta dentro. La casa coperta di neve dentro la palla, la dacia sull’isolotto nell’oceano di solaris, il posto delle fragole e dei mirtilli da cui veniamo separati con una bugia “non sarai mai da solo” e con l’illusione delle città bellissime che ci attendono...
Visto che c’era .
A parte il fatto di essere l’unico ad aver visto ciò che nessuno ha visto
Ma pensa….
PS :
Interessante .. il collegamento col Posto delle fragole , ma solo apparentemente , per mio conto , plausibile .
Cambiano il punto di vista e le intenzioni dell'autore .
Grazie comunque .
Molto interessante leggere le tue opinioni dopo la rivisitazione .
[Modificato da Alias52 15/02/2010 22:42]