00 11/03/2008 21:08
A volte mi smarrisco un po', tra i ruoli che siamo chiamati a interpetrare e sprazzi di istantanee inadeguate, puntualmente indossati come abiti vecchi che a guararsi allo specchio stan proprio male addosso. Allora ho bisogno al contempo e paradossalmente di raccontarmi, a me stessa prima di tutto. Di raccontarmi per stabilire un filo diretto con me, oltre il tutto che ho intorno. Ma anche di raccontarmi per uscire da me, guardarmi in terza persona e come sempre, alla fine dello sguardo, vedere che tutto è più semplice dell'esagerata catastrofe in cui crediamo di essere mentre si naviga. Questo processo di contatto/fuoriuscita apparentemente scollegato e lontano, è faticoso e fondamentale, e proprio nella sua biunivicità ha il suo valore, prezioso e indispensabile. La controparte si traduce in stati di malessere interiore spesso indicibile indefinibile che si sprigiona in pianto apparentemente immotivato e improvviso, un accumulo di tossine emozionali troppo compresso. Per quanto nella quotidianità spesso veloce piena stancante e confusionaria bisogna che ricominci a raccontarmi, per riprendere tra le mani la trama della mia vita, e così vedermi.

Note al margine: avevamo iniziato un lavoretto con la pasta di sale, lavoretto che nonostante tentativi variegati e disperati non portavano risultato. Per l'ennesima volta mi son seduta al banchino insieme a E.,uno dei miei alunni più pisteferi in assoluto, e dopo il quarto tentativo andato a vuoto in seguito al quale ero tentata di buttare via tutto e fare altro, mi ha guardato negli occhi con una luce vera e sincera e mi ha detto " Maestra, io non mi arrendo mai, tu?" davanti a una così chiara affermazione non potevo tirarmi indietro " Nemmeno io, E." Ora i lavoretti sono terminati, e ben fatti come ci aspettavamo. Non si finisce mai di imparare.
[Modificato da erikaluna 11/03/2008 21:11]
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La vera autenticità non sta nell'essere come si è ma riuscire ad assomigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi. (P.Almodovar)